“Felicità non è fare sempre ciò che si vuole, ma volere sempre ciò che si fa…”

a cura del dott. Roberto Ercolani e Sergio Catanea

Assenza di insoddisfazione e piacere connesso alla realizzazione di un desiderio sono solo alcuni esempi di felicità.

Per la sua caratteristica di circostanzialità può essere riferita al presente, ma anche al passato quando si associa ad un ricordo, ma cosa più importante può essere riferita al futuro attraverso la proiezione delle conseguenze della sua realizzazione.

S. Freud nel 1929 scriveva che: «L’uomo civile ha barattato una parte della sua possibilità di felicità per un po’ di sicurezza», come se seguire regole e porre limiti equivarrebbe a limitare la nostra possibilità di essere felici costringendoci a rimandare o ancora peggio ad annullare definitivamente ciò che profondamente ci renderebbe felici. Allo stesso tempo ci porta a considerare che la tranquillità e le certezze raggiunte dalla nostra civiltà, possano essere segno di infelicità. Allora cosa ci permette di essere felici?

Prima di tutto per poter essere felici, dobbiamo essere in grado di capire cosa significa per noi questa emozione: Che peso gli diamo? Quanto ci crediamo? Quanto ci investiamo?

La felicità individuale viene disgiunta dal contesto storico in cui l’individuo si trova ad esprimersi. La felicità è diversa da persona a persona, ma in qualsiasi caso una vita senza felicità non merita di essere vissuta. Potremmo affermare che è dovere di tutti quanti pretendere di essere felici.

Le parole che usiamo quando comunichiamo esprimono in maniera precisa quello che sentiamo e quello che ci appresteremo a sentire: “mi sento di aver toccato il fondo” è uno degli esempi più forti rispetto ad uno stato di infelicità dalla quale è difficile uscire. Toccare il fondo vuole dire sentirsi schiacciati dagli eventi. Molto spesso equivale a non permettersi di trovare una via di uscita, rendendosi passivi a quello che accade.

Negli stralci di Procedure Immaginative che seguono, un paziente trasmette in maniera molto efficace la differenza tra uno stato di infelice passività e lo stato di felice attività:

«…sono steso al buio della mia stanza… non ho voglia di alzarmi… nemmeno di aprire le imposte e di permettere alla luce di entrare […] non ho voglia di uscire, di incontrare qualcuno, di essere avvicinato… quello che voglio è aspettare… aspettare che succeda quello che deve succedere…»

Dopo il percorso psicologico:

«[…] sento la brezza del mattino sul volto… è una sensazione piacevolissima… che mi tempra… ho i brividi… sono brividi di piacere, perché mi fanno sentire che sono vivo […]. Sto camminando in salita, e sento la fatica sulle gambe, ma questa fatica non mi stanca, perché so che in alto mi aspetta qualcosa di bello e che questa fatica sarà ricompensata […]»

E’ importante alimentare la fiamma della felicità perché il rischio è che altrimenti, questa fiamma vada piano piano spegnendosi.

Essere felici di quello che si fa e di quello che si è fatto; essere felici delle persone che si hanno vicino; essere felici delle occasioni che si hanno a disposizione.

Essere felici significa essere capaci di volere bene perché si è capaci di volersi bene!

Ecco alcune regole della felicità:

  1. Dedichiamoci a ciò che ci piace.
    Troppo spesso rischiamo di mettere in secondo piano quello che più ci fa star bene. Sacrificare sempre i nostri interessi e ciò che ci piace per il dovere, porterà alla lunga ad un senso di frustrazione che ci farà sentire insoddisfatti e assopiti.
    Coltiviamo i nostri interessi e riassaporeremo la gioia di vivere.

  2. Cerchiamo di fare cose di cui porteremo con noi il ricordo per tutta la vita.
    La routine ci può dare sicurezza azzerando gli imprevisti della vita, ma spesso a costo di una esistenza piatta e monotona.
    Uscire dagli schemi può regalarci emozioni inaspettate. Impariamo ad apprezzarle e ci regaleremo momenti di indimenticabile letizia.

  3. Non reprimiamo le nostre emozioni.
    Impedirci di esprimere ciò che sentiamo equivale a tarpare le ali della nostra felicità.
    Diamo voce a ciò che abbiamo nel cuore e non solo a quello che abbiamo nella mente… questa è la lingua della felicità.

  4. Apprezziamo di più quello che abbiamo.
    Porre troppa attenzione alla ricerca spasmodica di ciò che non abbiamo celerà la bellezza di quanto è già nostro.
    Impariamo ad amare ciò che abbiamo e presto scopriremo che la nostra erba è verde almeno quanto quella del vicino.

  5. Condividiamo la nostra felicità.
    La felicità non segue le regole della matematica, dividerla con un amico non vuole dire perderne la metà ma equivale a moltiplicarla per infinite volte.
    Permettiamo agli altri di conoscere la nostra felicità, questo ne potenzierà l’effetto.

  6. Non rinneghiamo il nostro passato e gli errori commessi.
    I rimpianti per gli errori di ieri non ci danno quella serenità che è invece essenziale per la costruzione della felicità di oggi.
    Non è mai troppo tardi per essere felici. Il passato ha solo il valore che noi decidiamo di dargli.

Ricordiamoci che tutti meritiamo di essere felici.

Per ulteriori informazioni
Roberto Ercolani
roberto.ercolani@psicologoweb.net
0549.887412 – 349.3520327

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