Come spesso viene indicato in letteratura, il gioco d’azzardo problematico condivide molte analogie con le altre dipendenze, come, ad esempio, l’abuso di sostanze (Ladd e Petry, 2002). Tuttavia è giustificabile pensare che l’impatto del gioco d’azzardo problematico sulle famiglie possa differire dagli effetti di abuso di sostanze, poiché i comportamenti compulsivi di gioco sono molto più facili da nascondere ai familiari visto che non vi sono conclamati sintomi fisiologici associati al gioco d’azzardo. I primi segni premonitori sembrano non essere notati fino a quando non ci sono conseguenze devastanti per l’intera famiglia. Per cui, a causa della segretezza associata al gioco d’azzardo, il giocatore patologico viene spesso allo scoperto in modo improvviso, drastico, e devastante, causando nelle persone che gli vivono affianco una vera e propria “esperienza traumatica”. I coniugi possono arrivare addirittura a presentare sintomi di disturbo da stress post-traumatico (PTSD) a seguito di questa scoperta (Bird, 2006; Milrad, 1999).
Alla luce di queste osservazioni, è importante considerare l’intervento sul Giocatore d’Azzardo Patologico, come un intervento che deve comprendere tra le sue priorità, anche gli aspetti ecologici (ambiente di vita del soggetto) e sociali (relazioni principali).
Per la mia esperienza, parlare di una metodologia d’eccellenza nel trattamento contro il GAP potrebbe portare a delle false speranze nella gestione dei singoli casi. Sicuramente il prerequisito alla buona riuscita dell’intervento è data dall’instaurarsi di un “ottimo” rapporto con il soggetto sofferente e con i suoi familiari.
Un intervento psicologico ideale si potrebbe perciò sviluppare in questo modo:
- Assessment psicologico che consiste nell’analisi dell’esordio e dello sviluppo della malattia; il grado di incidenza nella vita del soggetto, nel suo ambiente, nelle sue relazioni; analisi delle risorse, tra cui la motivazione che hanno portato il paziente a chiedere aiuto.
- Intervento psicoeducativo sul paziente (individuazione delle strategie di gestione del gioco, valutazione di attivazione di un programma di gioco). Alla base di questo tipo di intervento il gioco deve essere considerato come una attività ludica e ricreativa. Bisogna perciò educare il soggetto ai rischi della cattiva gestione del gioco (rincorsa delle perdite, abbassamento delle capacità lavorative e/o relazionali, perdita di interessi, etc).
- Presa in carico e gestione della famiglia. Anche in questo caso è di fondamentale importanza trovare nei familiari degli alleati (atteggiamento non sempre possibile, perché solitamente i familiari sono allo stremo o possono anche essere la causa principale o parziale dell’esordio del GAP. In più spesso i partner cercano il modo di allontanarsi esasperati da quello che hanno dovuto passare).
- Intervento psicoterapeutico sul giocatore. Fattibile solo ora, cioè dopo che è stata stabilizzata la situazione (comprese, in caso di necessità, consulenze legali) del soggetto.
(in parallelo può anche essere previsto un intervento terapeutico sui familiari)
Alcune possibili metodologie di intervento psicoterapeutiche sul giocatore
- Utilizzo dell’Ipnosi:
procedura terapeutica che utilizza la parola, il suono, la voce del terapeuta per attivare uno stato di coscienza modificato, simile al pre-addormentamento, in cui corpo e mente entrano in contatto armonico producendo un condizione di benessere in grado di ripristinare la salute fisica, psichica e comportamentale.
In particolare, in questo stato di “riposo guidato” mentre si allentano temporaneamente le funzioni di controllo vigile sul mondo esterno, l’attenzione viene riportata al proprio mondo interiore permettendo di recuperare quelle risorse funzionali alla gestione del disagio che il gioco fino a questo momento aveva compensato.
Immagini, spesso, molto utili sono quelle di rinascita a cui è possibile associare anche delle tecniche avversative (di allontanamento) alle abitudini apprese con periodi di gioco a volte anche superiori ai 15 anni.
estratto da una induzione (le parole sono del terapeuta) “[…] …mentre cammini lungo il corridoio, puoi essere attratto dalle luci che vedi sulle pareti… alla tua destra e alla tua sinistra… uno scintillio di luci e suoni, fatti proprio per distrarti e non permetterti di camminare lungo la tua strada… […] …un bambino ti prende per mano… è un bambino che conosci molto bene… perché sei il (nome del paziente) di quando avevi 9 anni… di quando ti sentivi solo e avresti voluto essere preso per mano… […] …se vuoi puoi prendere in braccio quel bambino così che anche lui ti possa abbracciare e gioire della tua presenza, come fa un bambino quando viene abbracciato dal proprio padre… […]” - L’EMDR“desensibilizzazione e rielaborazione attraverso movimenti oculari”:
È una particolare tecnica psicoterapeutica che si è sviluppata negli ultimi vent’anni ed è utilizzata in particolare per elaborare psicologicamente esperienze traumatiche di diverso genere. Infatti, solitamente, chi ha provato questo genere di esperienze sente che esse influenzano emotivamente la propria vita attuale al di là di tutti i possibili ragionamenti. L’EMDR risulta particolarmente efficace nel modificare l’intensità e la qualità delle emozioni connesse con questi ricordi in modo che esse risultino più adeguate per il soggetto.
Concretamente con l’EMDR si individuano i ricordi o le immagini legate all’esordio del GAP, su cui viene effettuato un lavoro di rielaborazione. Quest’ultimo viene svolto seguendo un preciso protocollo di intervento che prevede una cosiddetta “stimolazione bilaterale” che richiama la fase REM del sonno, quella in cui si sogna, e che è caratterizzata da rapidi movimenti oculari a cui, nella metodologia, segue il naturale e spontaneo flusso dei pensieri del soggetto (quei pensieri che originariamente erano risultati congelati perché insostenibili). - Terapie Psicodinamiche:
Comprendono quattro ampie aree teoriche di derivazione psicoanalitica: 1) la psicologia dell’Io, derivata dalla teoria psicoanalitica classica di Freud; 2) la teoria delle relazioni oggettuali, derivata dal lavoro di Melanie Klein e dei membri della cosiddetta “scuola britannica”, che comprende Fairbairn, Winnicott e Balint; 3) la psicologia del Sé, fondata da Heinz Kohut ed elaborata dai contributi dei numerosi successori; e 4) la teoria dell’attaccamento di John Bowlby.
La metodologia da me utilizzata è la Procedura Immaginativa che a partire da una specifica condizione di rilassamento soggettivo, durante il quale il terapeuta propone un’immagine di avvio, da la possibilità al paziente di implicarsi nelle immagini di una storia di fantasia, nella quale è quanto più possibile partecipe e spontaneo. Questa costruzione, rappresenta il mondo interno del paziente che viene comunicato direttamente al terapeuta mentre viene prodotta.
Successivamente attraverso la lettura dei suoi contenuti, il linguaggio simbolico fatto di immagini concatenate, che viene così attivato, fa emergere: i conflitti inconsci, le carenze, le distorsioni intrapsichiche, le relazioni oggettuali, le potenzialità, le rappresentazioni di istanze Egoiche, Superegoiche e dell’Es, etc.
A questo punto, tutti i contenuti immaginativi, vengono riportati nella realtà attraverso il raffronto delle emozioni, sensazioni o vissuti avuti nell’immaginario.
La Procedura Immaginativa, in questo modo, permette quel movimento esplorativo-riparatorio di quelle aree conflittuali, rinchiuse dentro consistenti e rigide difese che fino a questo momento sono state utili ma che ora non lo sono più.
estratto da una Procedura Immaginativa (le parole sono del paziente) “[…] il bambino sta piangendo… ed alterna una lacrima con una goccia di sangue… […] …lo prendo per mano e usciamo da quella stanza… […] …mentre ce l’ho sulle mie spalle, mi indica una città in lontananza… ci andiamo… […] …è casa sua… […]… e mentre stiamo dormendo, la statua con il cappuccio nero si anima ed entra nella stanza brandendo le due spade… io mi alzo e riesco ad afferrarne una, facendola mia… e così posso tagliargli la testa e distruggerlo… […] …il bambino mi dona un fiore rosso… […] è come se mi indicasse quello che devo guardare… […]“
Queste tre metodologie da me descritte non vogliono essere la soluzione ad ogni patologia, ma rappresentano sicuramente un buon metodo di intervento che deve sempre considerare le caratteristiche del soggetto, poiché è bene ricordarsi che non è il paziente che deve subire la terapia, ma deve esserci una relazione tra pari che si uniscono per sconfiggere un “nemico” comune: il GAP.
N.B. I pazienti delle due esemplificazioni, sono pazienti differenti
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Alcuni rimedi prorpio non li conoscevo, però vale la pena provare tutto
L’aspetto più importante oltre alla motivazione è l’ambiente in cui il paziente vive. Fondamentale è il sostegno della famiglia! Giovedì 13 Giugno, presso il Centro Sociale di Dogana (Piazza Tini – RSM) con i colleghi dell’associazione “Il Rosso e il Nero”, terremo una serata che affronterà anche questo argomento. La serata è gratuita e aperta a tutti, quindi se vuole nonmanchi di venirci a trovare alle ore 21,00. ALtre informazioni su http://www.ilrossoeilnero.org/news/